Quella che vi raccontiamo non è una vera e propria ricetta, ma la procedura da seguire se si vuole gustare il sapore della tradizione.
Il carciofo Campagnanese è un prezioso alimento del territorio, da valorizzare il più possibile e vero protagonista della Festa del Baccanale di Campagnano di Roma.
E’ di tipo romanesco, chiamato anche mamma, mammola o più conosciuto come “cimarolo”, presente nelle campagne del Lazio con molta probabilità sin da epoca romana, consumato anche dagli Etruschi.
Si riconosce perché non è spinoso e ha un colore verde-violaceo, ha una forma sferica, è più compatto, presenta una sorta di foro caratteristico in cima e il sapore è dolce e estremamente gradevole.
In dialetto vengono chiamati “carciofeni” e si è soliti accompagnarli alle salsicce, sempre cotte alla brace, e poi “messi su ‘na fetta de pane che se pisuntava de li connimenti”.
Da qui il termine “panonta” – pane unto, una vera bontà per il palato!
I carciofi vanno rigorosamente cotti sulla brace di sarmenti di vite, di solito presi dalle rimanenze delle potature, la carbonella invece è bandita dalla tradizione!
Ma prima vanno preparati e ben conditi alla “Campagnanese”.
Innanzitutto al carciofo vanno tagliati il gambo, rasato ma non troppo, e la punta.
Poi le foglie vanno un pochino allargate con le mani e sbattute su un piano, o sul tavolo per scongiurare la presenza di insetti indesiderati all’interno.
A questo punto vanno conditi con sale, mentuccia (menta selvatica), aglio fresco e olio.
Ora sono pronti per essere cotti.
Vanno appoggiati, anzi proprio ficcati nella brace dalla parte del gambo tagliato (torsolo) e lasciati lì fino a che le foglie esterne non diventano carbonizzate.
Alcuni li coprono con un carta alluminio ma questo dipende dalle proprie usanze, di norma no.
Ogni tanto però ricordatevi anche che hanno bisogno di un’aggiunta di olio durante la cottura.
E… “quanno so’ bbelli brustolini” sono pronti per essere gustati!
Bisogna levare le prime foglie più bruciate (mangiandone solo la parte finale) per poter poi assaporare le altre più tenere e succose, staccandole una ad una!
Un “m’ama non m’ama” dal sapore genuino.
Beh… buon appetito e viva la tradizione!
Ricetta in dialetto campagnanese (a cura di Simonetta Lelli)
Pe’ ffa’ li carciofeni a la brace, ce vonno prima de tutto lì viti.
Nun se pò usa’ gnente artro.
Pe’ prepara’ li carciofeni ce vonno: mentuccia de campo, ajetto fresco, sale e ojo.
Prima de tutto se pulisceno li carciofi, taji lo gambo, je taj un po’ de punta, je dai ‘na llargatella, delicatamente senza rompeli.
Poi je dai’ na bella sbattuta su la battilonta e cominci a conni’: li sali, in mezzo ce metti mentuccia e ajetto, l’ojo ce lo metti quanno li metti llì a la bracia.
Mano, mano che se coceno ne aggiungi ‘n po’.
Pe’ la cottura dipenne da quanto so’ freschi li carciofeni e da lo gusto.
C’è chi li preferisce spappati e chi un po’ duretti.
L’importante è magnalli su ‘na bella fetta de’ pane che se ‘mpregna de lo sughetto.
Pe’ fa la bracia ce vole poco, fai ‘na bella’ ccatastata de’ viti, je dai foco e quanno lo foco è sparito, metti lla li carciofeni, spignennoli ‘n po’ ne la bracia… pe’ chi c’avesse le mano tenerelle se consja lo guanto da forno.
Bon appetito!
Quesso è quanto.
Note della Tradizione
“Mano, mano che li carciofeni e le sarcicce se coceveno li mettessimo, su ‘na bella fetta de pane ce mettevi ‘n carciofeno e su ‘n’artra ‘na bella sarciccetta ….ecco qua la panontina!”